Saturday 21 January 2017

i linguaggi dell'unità

2 premesse

La parola crea. "In principio era la parola".
Dio ha creato con la parola.
E la prima azione dopo la creazione è stata il "nominare", dare un nome. Gen 2,19: Dio crea e l'umano da un nome. Dio stesso si impegna a rispettare i nomi scelti dall'umano.
Spesso dare un nome alle cose non è semplicemente un esercizio di nominalismo, di astrazione. Il primo passo per risolvere un problema è dare un nome al problema.

La parola rivela. Rivela quello che hai nel cuore.
Lc 6,45: L'uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae il bene; e l'uomo malvagio dal malvagio tesoro del suo cuore trae il male, perchè la bocca di uno parla dall'abbondanza del cuore.



3 linguaggi dell'unità

1. Il linguaggio dell' "Io"
1Cor 1,10-13
Ognuno cerca di giustificarsi.
Come nella storia del coccodrillo e dello scorpione.
Un giorno, lo scorpione voleva attraversare il fiume, ma non potendo nuotare chiese aiuto al coccodrillo. "Certo", rispose il coccodriollo, "salta sulla mia schiena, che ti porto".
Lo scorpione saltò sulla schiena del coccodrillo, che subito cominciò la traversata.
Sentendo la freschezza dell'acqua, il coccodrillo cominiciò ad eccitarsi, e preso dalla voglia di lasciarsi rinfrescare dalla corrente, cominciò ad immergersi nel centro del fiume. "Cosa stai facnedo, coccodrillo?!" , cominciò a lamentarsi lo scorpione, mezzo soffocato. "Non sai che questo mi ucciderà?"
"Mi dispiace, caro scorpione, ma il desiderio dell'acqua fresca è più forte di me, non posso  resistere al richiamo. Questa è la mia natura."
Subito lo scorpione, preso dalla rabbia e dalla paura, cominciò ad affondare il suo pungioglione nella schiena del coccodrillo. 
"Cosa fai, scorpione?", chiese subito, infastidito il coccodrillo.
"Perdonami, ma quando sono preso dalla paura mi difendo. Questa è la mia natura!"

Quante volte nella comunità ci feriamo a vicenda e giustifichiamo i nostri comportamenti con le parole magiche "questa è la mia cultura", o "questo è il mio modo di vedere le cose", o "questo è come mi è stato insegnato".
Ci giustifichiamo dietro l'autorità di qualcos'altro, e tracciamo una linea rossa. Alziamo il cartello della nostra libertà individuale e diciamo "vietato oltrepassare".
Questo è il linguaggio dell'Io. Molto violento, anche se con il sorriso sulle labbra.

I farisei erano esperti di questo linguaggio e della sua logica di autogiustificazione. Con l'autogiustificazione arrivarono fino al punto di applaudire l'uccisione del Figlio di Dio.
E' un linguaggio che acceca.

2. Il linguaggio del "noi e loro"
Lc 9,49-50
Il linguaggo di chi punta il dito, di chi accusa.
Puntare il dito è la forma più conveniente di prendere le distanze. Ma anche di rivelare la propria pochezza di cuore.
Quante volte parliamo della nostra stessa famiglia o comunità usando la III persona, come se non le appartenessimo più.
Quante critiche alla Chiesa, che pure è umana e piena di contraddizioni tanto quanto ognuno di noi. Ma puntare il dito ci fa sentire superiori.
Qui gioca molto l'ideologia, o meglio l'illusione, della perfezione.
Con questa stessa logica di perfezionismo, rischiamo di fare come Pietro, che si è trovato nella situazione di rifiutare il messia stesso, più volte: una fra le tante, in Gv 13,8.

3. Il linguaggio del "Noi"
La parola saggia nasce dal silenzio.
La parola pregna di significato nasce dall'ascolto.
E ce n'è poco - di ascolto - di questi tempi.
Gv 6,67-69. Una delle rarissime volte che Pietro azzecca la risposta. Da chi vuoi che andiamo, Signore, se tu sei l'unico che ha parole di vita eterna?
Usare il "noi" vuol dire che siamo pronti a pagare il prezzo delle contraddizioni. Che non abbiamo paura di appartenere. Che amiamo questa Chiesa, questa comunità, anche prima che essa abbia cominciato a piacerci. Perchè ad amarla siamo stati chiamati, non a farcela piacere.
Qualcuno un giorno mi ha detto: "Quando mi accetterai per come sono, solo allora potrai darmi consigli su come potrei migliorarmi"
La logica di questo linguaggio è quello che si chiama amore incondizionato.

Saturday 7 January 2017

quattro re al bivio

In cerca del Re dei re, si presentano a Gerusalemme tre re.
Vogliono incontrare il re dei giudei, e allora si presentano al reuccio di Gerusalemme.
Loro che hanno intenzioni buone, si muovono alla luce del sole.
Loro che hanno una stella per guida camminano veloci.

"Lungo il cammino cresce il vigore", dice il salmo per gente come loro.
Il cammino non è un peso per loro, ma un premio.

Vedendo la stella sono presi dalla gioia, una gioia forte, incontenibile.


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Tutt'altra musica per il piccolo re Erode, detto il grande,
che di grande sembra solo avere la paura.
Paura di essere scalzato, di passare in secondo piano.

Lui non cammina, fa camminare.
Lui non gioisce, teme.
La paura - non la tristezza - sembra essere il contrario della gioia,
in questa pagina piena di re.
In questa pagina di re i più potenti sono quelli che ascoltano e si interrogano, non chi comanda.

Mentre i tre stranieri imboccano la via della gioia,
lui si siede al capolinea della mestizia.
Loro corrono sulla pista di decollo della generosità,
lui si schianta contro il proprio egoismo.

Farà uccidere bambini innocenti, ma è lui il primo a morire.