Thursday 2 April 2020

pasqua: uscire a vita nuova

(inserto Ormegiovani di Aprile)


Il capitolo 11 di Giovanni ci racconta la resurrezione di Lazzaro. Per i pignoli, si tratta di “resuscitazione” e non resurrezione, “perchè poi Lazzaro è morto di nuovo”. Per chi legge la Parola, invece, sono le prove generali dell’ottavo giorno.
Mi permetto di sottolineare due frasi tanto brevi quanto spesso tralasciate.

Andiamo anche noi a morire con lui!
Viene detto a Gesù che il suo amico è malato. Lui aspetta due giorni. E il terzo giorno propone ai discepoli di andare. Questi rispondono che forse non è il momento giusto, visto che Betania è alle porte di Gerusalemme e proprio lì lo avevano appena preso sassate (Gv 10,31). Gesù non se ne cura, lui parla di Lazzaro e dice che è morto. È un dialogo fra sordi. Fra i discepoli preoccupati per la pelle di Gesù (e la propria), e Gesù che si da premura per il sonno di Lazzaro, Tommaso, chiamato Didimo, il discepolo un po’ tonto (per non usare un’altra parola) se ne esce con un double entendre che non ha pari in tutto il nuovo testamento: “Andiamo anche noi a morire con lui!”. Con chi vuole morire Tommaso? Con Lazzaro, per nascere a vita nuova, o con il Maestro, preso a sassate? Giovanni non perde tempo a spiegarcelo. Probabilmente il cammino della Pasqua per noi discepoli passa per entrambe le morti. Se accettiamo di morire con colui che ci ha chiamato, se non abbiamo paura delle sassate dei farisei (eccezionale Gesù che in 10,32 fa dell’ironia con i suoi lapidatori!), allora Lui ci chiamerà per nome. Perchè la resurrezione è nuova creazione, nuovo essere chiamati per nome. Così nel battesimo, che ci ha fatto passare per il Mar Rosso dalla vita di carne a quella del Regno, riceviamo il nome. La prima parola che Lazzaro sente nella sua nuova vita è il proprio nome: “Lazzaro, vieni fuori!”. Come Maria Magdalena nell’orto, la domenica di Pasqua, come Saulo sulla via di Damasco. La nuova vita comincia con il tuo nome.

Il morto uscì
Con queste parole strane Giovanni indica la resurrezione di Lazzaro. Fa fatica a crederci anche lui, nonostante sia testimone oculare del miracolo, e lo chiama ancora “morto”. Ma ci rivela che la resurrezione è uscita. Lo vedremo quando il Signore esce dalla tomba. Mentre scrivo queste righe, c’è un’Italia – anzi un mondo intero – che aspetta di “uscire” dalla quarantena imposta per il Corona Virus. Quanto è vero che l’uscita è la nascita a vita nuova. Quando papa Francesco parla della “Chiesa in uscita”, non sta promuovendo turismo religioso, ma sta chiamando ad un atto tanto radicale quanto sofferto come il triduo pasquale.
A rileggere questo versetto brevissimo sulla resurrezione e uscita di Lazzaro, si impone alla mente la parabola dei due gemelli. Molti l’hanno attribuita a diversi autori, ma credo la versione più verosimile sia quella di Newman che la attribuisce ai padri del deserto.


 Nel ventre di una madre c’erano due bambini. Uno chiese all’altro: “ci credi in una vita dopo il parto?” L’altro rispose: “e’ chiaro. Deve esserci qualcosa dopo il parto. Forse noi siamo qui per prepararci per quello che verrà più tardi”.
“Sciocchezze”, disse il primo. “non c’è vita dopo il parto. Che tipo di vita sarebbe quella?” Il secondo disse: “io non lo so, ma ci sarà più luce di qui. Forse noi potremo camminare con le nostre gambe e mangiare con le nostre bocche. Forse avremo altri sensi che non possiamo capire ora”.
Il primo replicò: “questo è un assurdo. Camminare è impossibile. E mangiare con la bocca!? Ridicolo! Il cordone ombelicale ci fornisce nutrizione e tutto quello di cui abbiamo bisogno. Il cordone ombelicale è molto breve. La vita dopo il parto è fuori questione”.
Il secondo insistette: “beh, io credo che ci sia qualcosa e forse diverso da quello che è qui. Forse la gente non avrà più bisogno di questo tubo fisico”. Ma Il primo contestava: “sciocchezze, e inoltre, se c’è davvero vita dopo il parto, allora, perché nessuno è mai tornato da lì? Il parto è la fine della vita e nel post-parto non c’è nient’altro che oscurità, silenzio e oblio. Il parto non ci porterà da nessuna parte”.
“Beh, io non so”, disse il secondo, “ma sicuramente troveremo la mamma e lei si prenderà cura di noi”. Il primo replicò: “Mamma, tu credi davvero a mamma? Questo è ridicolo. Se la mamma c’è, allora, dov’è ora?” Il secondo disse: “Lei è intorno a noi. Siamo circondati da lei. Noi siamo in lei. È per lei che viviamo. Senza di lei questo mondo non ci sarebbe e non potrebbe esistere”. Il primo concluse: “beh, io non posso vederla, quindi, è logico che lei non esista”. Anche il secondo concluse: “a volte, quando stiamo in silenzio, se mi concentro ad ascoltare veramente, sento la sua voce da lassù”.



Buona Pasqua, che sia una uscita, non solo dalle nostre case di mattone, ma dal buio della nostra vita a misura nostra.


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