(inserto Ormegiovani, Nigrizia giugno)
Si dice che chi
ben comincia è a metà dell’opera. Sarà che forse siamo alle porte dell’estate,
ed è un tempo propizio per fare bilanci dell’ultimo anno di cammino fatto. Con
l’estate si chiude un anno di scuola, di lavoro, di attività. Nella nostra
società post-industriale, l’estate è tempo di riposo, forse di viaggi, di
esperienze nuove che crediamo ci debbano “ricaricare”, come se fosse lontano da
noi quello di cui abbiamo bisogno.
La prima
“esperienza” missionaria Gesù la fa fra la sua gente. Dopo il battesimo di
Giovanni, torna in Galilea e comincia a parlare con la gente che incontra del
Regno di Dio.
E “tutti ne facevano grandi lodi”. Sembra ironica questa
frase di Luca, messa all’inizio della grande predicazione di Gesù. Tutti fanno
le lodi di un maestro nuovo. Finchè è nuovo. Finchè è lontano. Finchè non si prende
la confidenza di fare domande, di provocare. Forse questa frasetta ironica di
Luca spiega perchè tante volte ci teniamo alla larga da Gesù. Non andiamo a
messa la domenica – e ne diamo colpa al parroco che fa prediche noiose o
bigotte. Ma il vero motivo del nostro assenteismo spirituale è che ci fa comodo
stare lontani dal Maestro. Perchè a stargli vicino potrebbe accadere che ci
venga chiesto di cambiare, di scomodarci, di intraprendere un cammino che non
abbiamo la voglia di cominciare (e che diciamo di non conoscere, ma in realtà
giace abbandonato in un angolo buio della nostra coscienza, e lo conosciamo
bene).
“Gli fu dato
il rotolo del profeta Isaia”. Gesù non inventa, ma accoglie. Quante volte nella nostra vita spirituale
vorremmo inventare, trovare cose nuove, come se la novità fosse in se stessa la
soluzione. E abbiamo a portata di mano – letteralmente, non metaforicamente – quel libro che tutti abbiamo a casa, e che
non leggiamo mai: la Bibbia. Se solo avessimo per la Bibbia un decimo del tempo
che abbiamo per Facebook o WhatsApp. Ma – si sa – il problema è che le giornate
sono troppo corte per fare tutto, no? E uno deve pur darsi delle priorità...
Ma il rotolo che
Gesù apre non è solo quello fisico del libro della bibbia. È anche il rotolo
della sua stessa vita. In esso Gesù non legge una fiaba per bambini, una
leggenda, un libro di storia antica. Legge se stesso, la sua stessa vita. Gesù
che prende in mano il rotolo del profeta ricorda Gesù che prende in mano il
pane, e nel pane prende in mano il proprio corpo. Per spezzarlo, per
condividerlo. Chissà se nel tempo delle vacanze non riuscissimo a trovare del
tempo anche pre riprendere in mano la nostra vita: da dove sto venendo, e dove
sto andando? Altrimenti – per usare le parole di papa Francesco – rischiamo di
ammalarci di Alzheimer spirituale: non ci ricordiamo più la strada fatta, non
sappiamo ringraziare, e anche sorridere di noi stessi e dei nostri limiti. E
chi non sa ringraziare è una persona triste.
“Apertolo,
trovò”. È incredibile come – non importa quante volte hai letto la Parola –
lei ha sempre qualcosa da dirti. Sarà che è viva, e come un’amica che viene a
trovarti, ha sempre qualcosa da comunicarti – anche nel suo silenzio o nel suo
sguardo. Se apriamo la parola con la convinzione “questa pagina l’ho già
sentita e me la ricordo”, o se rivisitiamo il nostro cuore con il cinismo di
chi crede di aver già imparato tutto, allora non ci sarà mai modo che sentiamo la
Parola. Non esiste sordo peggiore di chi non vuol ascoltare, nè alunno più
inutile di chi si sente già un professorone. “Se non ritornerete come
bambini... non entrerete nel Regno...”
“Lo Spirito
del Signore è sopra di me”. Sì, non sono solo. Non sono mai solo. Queste parole non valgono
solo per Gesù in quel sabato mattina di 2000 anni fa nel piccolo villaggio
sperso di Nazareth. Sono parole per me e per te oggi. Lo Spirito è con noi. Il
problema è che spesso siamo noi ad essere fuori sede. “Ti ho cercato tanto,
fuori di me, mentre tu eri tutto il tempo dentro di me”, ricorda – anche lui
con un sorriso – sant Agostino.
“Lieto
messaggio ai poveri, liberazione ai prigionieri, ai ciechi la vista, agli
oppressi la libertà”. Di
solito quando leggiamo questo piccolo elenco ci vien naturale pensare che si
stia parlando quattro volte delle stesse persone. Ma se c’è una caratteristica
del vangelo di Luca è che vuole far arrivare la buona notizia anche ai farisei,
a quelli che – consapevoli o meno – hanno deciso di fare i sordi e i ciechi. La
buoan notizia è buona per tutti: per il lebbroso come per lazzaro, per il
pescatore come per la prostituta, per il santone come per il peccator. Con
tutta probabilità sono loro, i farisei, gli oppressi: loro che si son messi ad
opprimere la gente semplice con le loro regole e i loro sofismi, sono diventati
oppressi dalla loro stessa oppressione, sfigurati, disumanizzati. Anche per
loro Gesù ha un messaggio. Non importa quanto disperato sei, “il Maestro è qui
e ti chiama”.
“A proclamare
l’anno di grazia del Signore”. C’è un salmo che i sacerdoti e i religiosi
recitano spesso la mattina, prima delle lodi e che si chiama ‘invitatorio’. In
questo salmo (il 95) c’è una frase che mi piace molto: “se lo ascoltaste,
oggi!”. Il giubileo non è solo quest anno, il 2016, e poi se ne va come la
coppa del mondo, fino alla prossima edizione. Il giubileo è tutti gli anni,
tutti i giorni. Ogni giorno ricominciamo l’avventura del cammino con Dio. Ogni
giorno è un’opportunità nuova per fare cose grandi, o cose piccole con un amore
grande. Ogni giorno dovremmo ripeterci “questo è il giorno fatto dal Signore”.
Nei suoi anni di prigionia, il vescovo vietnamita Francois Xavier Van Thuan ha
imparato a credere fortemente che il momento più felice della sua vita era il
momento presente. Ogni momento presente è un’opportunità. Ogni giorno posso
fare la scelta di fare il bene, il bene che forse ieri non sono riuscito a
fare. Quanta saggezza nella pedagogia scout che insegna la “buona azione”
giornaliera! Se la facessimo tutti, in un mese il mondo sarebbe trasformato!
Ma non la pensano
con altrettanta fiducia e speranza gli ascoltatori di Gesù. Loro che –
purtroppo – credono di conoscerlo non se la sentono di sentirsi chiamare ciechi
e prigionieri. Non sentono, o meglio non vogliono sentire, il bisogno di essere
liberati. E se Gesù il carpentiere ha tanta voglia di fare il profeta e di
paragonarsi ai profeti, gli facciamo fare la fine del profeta. Nessuno è
profeta in patria, perchè “patria” è l’antitesi di profezia. La patria nasce
dal mito così come lo raccontano i vincitori. Il profeta, invece, prende la
parte dei vinti. Sono due categorie che non giocano mai assieme.
È impressionante
vedere con quanta rabbia i suoi paesani lo spingono fin sopra il monte, per
gettarlo. Perchè ha detto due parole di troppo? Oppure lo spingono perchè
nessuno ha il coraggio di dargli una lezione a nome degli altri? E allora la
folla spinge, anonimamente. Fanno violenza a lui, rigettandolo, ma fanno anche
violenza a se stessi, nell’accettare di essere folla: anonima, senza volto,
senza nome, senza cervello, senza direzione. La folla è il contrario del
popolo, che invece ha una coscienza.
Ma Gesù sembra
non scomporsi molto, e quasi con la stessa ironia con cui Luca avea aperto
questa pagina, vediamo Gesù camminare fra la folla e andarsene. Non si mette a
negoziare, a barattare, non scende a compromessi. Non piagniucola dicedo
“scusatemi, non ci siamo capiti”. No, lui se ne va per la sua strada. Chi vuole
seguirlo ha le gambe: che si affretti!
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