Sunday, 12 April 2020

passi conosciuti

E mentre Cristo si avvicinava a lui nel profondo degli inferi,
Adamo disse:
"Sento i passi di uno che conosco"
(S. Efrem Siro)


Adamo da quei passi era scappato per paura, 
molti moltissimi anni prima
Ora sente gli stessi passi, 
che vengono però a salvarlo

Se il peccato accadde 
nel giardino più splendido che si sia mai visto
oggi la salvezza avviene 
nell'angolo più buio, remoto e squallido dell'inferno

Stessi passi, 
stesso Dio, 
stesso Adamo.

Ieri la fuga e la morte, 
oggi l'abbraccio e la vita

Buona Pasqua!

Saturday, 11 April 2020

disse la morte


La Morte aveva finito il suo beffardo discorso
e la voce di nostro Signore risuonò
fragorosamente nello Sheol,
aprendo ogni tomba una per una.

Terribili spasimi afferrarono la Morte nello Sheol;
dove la luce non era mai stata,
raggi brillarono dagli angeli che erano entrati
per far uscire i morti a incontrare
il Morto che ha dato vita a tutto.

La morte di Gesù è un tormento per me (dice la Morte),
vorrei averlo lasciato vivo:
sarebbe stato meglio per me che la sua morte.

Qui c’è un morto la cui morte trovo detestabile;
alla morte di ogni altro io gioisco,
ma la sua morte mi tormenta,
e aspetto che torni alla vita:
durante la sua vita egli ha fatto rivivere
e portato di nuovo alla vita tre morti.

Ora attraverso la sua morte i morti
che sono venuti di nuovo alla vita
mi calpestano alle porte dello Sheol
quando vado per trattenerli.

Correrò e chiuderò le porte dello Sheol
davanti a questo Morto
la cui morte mi ha rapinato.

Chi sentirà ciò si meraviglierà
della mia umiliazione,
perché sono stata sconfitta
da un Morto venuto da fuori:
tutti i morti vogliono andare fuori,
e lui insiste per entrare.

Un farmaco di vita è entrato nello Sheol
e ha riportato i suoi morti indietro alla vita.

(Sant’Efrem il Siro, Inni sulla Risurrezione)

Sunday, 5 April 2020

benvenuti a Gerusalemme!


Oggi, domenica delle Palme leggiamo due brani del vangelo. Nel primo, che abbiamo appena sentito, l’entrata di Gesù a Gerusalemme. Nel secondo, ben più lungo, la passione, sempre secondo il vangelo di Matteo.

Gesù entra a Gerusalemme, la città delle contraddizioni, città il cui nome significa città della pace, e che tutti sappiamo essere una delle città nella storia dell’umanità che forse più di tutte non ha che vissuto la guerra e la violenza.
Questa è Gerusalemme, la città delle contradizioni. Oggi accoglie Gesù al canto di Osanna, e fra pochi giorni ne chiederà l’uccisione sulla croce.
Oggi gli apre le porte, e domani lo crocifigge fuori dalle mura.
Oggi pone frasche ai piedi, domani pone il legno del supplizio sulle spalle.
Gerusalemme non è solo casa nostra. Noi stessi siamo Gerusalemme, visto che in noi abitano il santo e il peccatore, il discepolo e il fariseo.

Oggi entriamo nella settimana santa ed entriamo il tempo della contradizione. Gesù stesso è segno di contradizione e vuole entrare nella nostra Gerusalemme proprio mentre noi siamo chiusi nelle case di cemento e vorremmo uscire.
Lui vuole entrare, proprio lì dove noi non vorremmo avere ospiti, men che meno profeti.

Faccio una lista veloce, e non esaustiva, delle contradizioni che si aprono di fronte a noi nei due vangeli di oggi:


  • La contradizione fra il popolo che accoglie cantando osanna e il il popolo che urla “crocifiggilo”
  • La contradizione di Giuda che vende Gesù per 30 monete d’argento, il prezzo di riscatto di uno schiavo, eppure lo chiama maestro, signore.
  • La contradizione fra Pilato che capisce Gesù gli è stato presentato solo per invidia e cerca di liberarlo presentando alla gente una scelta impossibile, Barabba. E la folla, che inspiegabilmente, preferisce l’omicida al Dio della Vita.
  • La contradizione fra i discepoli che nell’ora della croce se la danno a gambe e le donne, che silenziose accompagnano Gesù al Golgota.
  • La contradizione fra gli astanti che nell’ultimo urlo di Gesù in croce sentono un’invocazione ad Elia, che doveva venire prima del Cristo, e il centurione che in quell’urlo riconosce il Figlio di Dio.
  • La contradizione di una sepoltura alla quale non vengono gli amici, ma un perfetto sconosciuto, Giuseppe d’Arimatea.

Quante contradizioni viviamo anche noi.
Quante volte rinneghiamo il Signore e facciamo finta di non conoscerlo.
Quante volte lo vendiamo al prezzo di uno schiavo, per poi tornare a chiamarlo Signore.
Quante volte siamo noi stessi la Gerusalemme santa e peccatrice, sede allo stesso tempo del culto e dell’indifferenza.

Che in questa settimana santa lasciamo entrare Gesù nella nostra Gerusalemme e lo seguiamo lì dove lui vuole portarci.
Buona Settimana Santa!


Thursday, 2 April 2020

pasqua: uscire a vita nuova

(inserto Ormegiovani di Aprile)


Il capitolo 11 di Giovanni ci racconta la resurrezione di Lazzaro. Per i pignoli, si tratta di “resuscitazione” e non resurrezione, “perchè poi Lazzaro è morto di nuovo”. Per chi legge la Parola, invece, sono le prove generali dell’ottavo giorno.
Mi permetto di sottolineare due frasi tanto brevi quanto spesso tralasciate.

Andiamo anche noi a morire con lui!
Viene detto a Gesù che il suo amico è malato. Lui aspetta due giorni. E il terzo giorno propone ai discepoli di andare. Questi rispondono che forse non è il momento giusto, visto che Betania è alle porte di Gerusalemme e proprio lì lo avevano appena preso sassate (Gv 10,31). Gesù non se ne cura, lui parla di Lazzaro e dice che è morto. È un dialogo fra sordi. Fra i discepoli preoccupati per la pelle di Gesù (e la propria), e Gesù che si da premura per il sonno di Lazzaro, Tommaso, chiamato Didimo, il discepolo un po’ tonto (per non usare un’altra parola) se ne esce con un double entendre che non ha pari in tutto il nuovo testamento: “Andiamo anche noi a morire con lui!”. Con chi vuole morire Tommaso? Con Lazzaro, per nascere a vita nuova, o con il Maestro, preso a sassate? Giovanni non perde tempo a spiegarcelo. Probabilmente il cammino della Pasqua per noi discepoli passa per entrambe le morti. Se accettiamo di morire con colui che ci ha chiamato, se non abbiamo paura delle sassate dei farisei (eccezionale Gesù che in 10,32 fa dell’ironia con i suoi lapidatori!), allora Lui ci chiamerà per nome. Perchè la resurrezione è nuova creazione, nuovo essere chiamati per nome. Così nel battesimo, che ci ha fatto passare per il Mar Rosso dalla vita di carne a quella del Regno, riceviamo il nome. La prima parola che Lazzaro sente nella sua nuova vita è il proprio nome: “Lazzaro, vieni fuori!”. Come Maria Magdalena nell’orto, la domenica di Pasqua, come Saulo sulla via di Damasco. La nuova vita comincia con il tuo nome.

Il morto uscì
Con queste parole strane Giovanni indica la resurrezione di Lazzaro. Fa fatica a crederci anche lui, nonostante sia testimone oculare del miracolo, e lo chiama ancora “morto”. Ma ci rivela che la resurrezione è uscita. Lo vedremo quando il Signore esce dalla tomba. Mentre scrivo queste righe, c’è un’Italia – anzi un mondo intero – che aspetta di “uscire” dalla quarantena imposta per il Corona Virus. Quanto è vero che l’uscita è la nascita a vita nuova. Quando papa Francesco parla della “Chiesa in uscita”, non sta promuovendo turismo religioso, ma sta chiamando ad un atto tanto radicale quanto sofferto come il triduo pasquale.
A rileggere questo versetto brevissimo sulla resurrezione e uscita di Lazzaro, si impone alla mente la parabola dei due gemelli. Molti l’hanno attribuita a diversi autori, ma credo la versione più verosimile sia quella di Newman che la attribuisce ai padri del deserto.


 Nel ventre di una madre c’erano due bambini. Uno chiese all’altro: “ci credi in una vita dopo il parto?” L’altro rispose: “e’ chiaro. Deve esserci qualcosa dopo il parto. Forse noi siamo qui per prepararci per quello che verrà più tardi”.
“Sciocchezze”, disse il primo. “non c’è vita dopo il parto. Che tipo di vita sarebbe quella?” Il secondo disse: “io non lo so, ma ci sarà più luce di qui. Forse noi potremo camminare con le nostre gambe e mangiare con le nostre bocche. Forse avremo altri sensi che non possiamo capire ora”.
Il primo replicò: “questo è un assurdo. Camminare è impossibile. E mangiare con la bocca!? Ridicolo! Il cordone ombelicale ci fornisce nutrizione e tutto quello di cui abbiamo bisogno. Il cordone ombelicale è molto breve. La vita dopo il parto è fuori questione”.
Il secondo insistette: “beh, io credo che ci sia qualcosa e forse diverso da quello che è qui. Forse la gente non avrà più bisogno di questo tubo fisico”. Ma Il primo contestava: “sciocchezze, e inoltre, se c’è davvero vita dopo il parto, allora, perché nessuno è mai tornato da lì? Il parto è la fine della vita e nel post-parto non c’è nient’altro che oscurità, silenzio e oblio. Il parto non ci porterà da nessuna parte”.
“Beh, io non so”, disse il secondo, “ma sicuramente troveremo la mamma e lei si prenderà cura di noi”. Il primo replicò: “Mamma, tu credi davvero a mamma? Questo è ridicolo. Se la mamma c’è, allora, dov’è ora?” Il secondo disse: “Lei è intorno a noi. Siamo circondati da lei. Noi siamo in lei. È per lei che viviamo. Senza di lei questo mondo non ci sarebbe e non potrebbe esistere”. Il primo concluse: “beh, io non posso vederla, quindi, è logico che lei non esista”. Anche il secondo concluse: “a volte, quando stiamo in silenzio, se mi concentro ad ascoltare veramente, sento la sua voce da lassù”.



Buona Pasqua, che sia una uscita, non solo dalle nostre case di mattone, ma dal buio della nostra vita a misura nostra.