(inserto Ormegiovani di Aprile)
Il capitolo 11 di
Giovanni ci racconta la resurrezione di Lazzaro. Per i pignoli, si tratta di
“resuscitazione” e non resurrezione, “perchè poi Lazzaro è morto di nuovo”. Per
chi legge la Parola, invece, sono le prove generali dell’ottavo giorno.
Mi permetto di
sottolineare due frasi tanto brevi quanto spesso tralasciate.
Andiamo anche
noi a morire con lui!
Viene detto a
Gesù che il suo amico è malato. Lui aspetta due giorni. E il terzo giorno
propone ai discepoli di andare. Questi rispondono che forse non è il momento
giusto, visto che Betania è alle porte di Gerusalemme e proprio lì lo avevano
appena preso sassate (Gv 10,31). Gesù non se ne cura, lui parla di Lazzaro e
dice che è morto. È un dialogo fra sordi. Fra i discepoli preoccupati per la
pelle di Gesù (e la propria), e Gesù che si da premura per il sonno di Lazzaro,
Tommaso, chiamato Didimo, il discepolo un po’ tonto (per non usare un’altra
parola) se ne esce con un double entendre che non ha pari in tutto il
nuovo testamento: “Andiamo anche noi a morire con lui!”. Con chi vuole
morire Tommaso? Con Lazzaro, per nascere a vita nuova, o con il Maestro, preso
a sassate? Giovanni non perde tempo a spiegarcelo. Probabilmente il cammino
della Pasqua per noi discepoli passa per entrambe le morti. Se accettiamo di
morire con colui che ci ha chiamato, se non abbiamo paura delle sassate dei
farisei (eccezionale Gesù che in 10,32 fa dell’ironia con i suoi lapidatori!),
allora Lui ci chiamerà per nome. Perchè la resurrezione è nuova creazione,
nuovo essere chiamati per nome. Così nel battesimo, che ci ha fatto passare per
il Mar Rosso dalla vita di carne a quella del Regno, riceviamo il nome. La prima
parola che Lazzaro sente nella sua nuova vita è il proprio nome: “Lazzaro,
vieni fuori!”. Come Maria Magdalena nell’orto, la domenica di Pasqua, come
Saulo sulla via di Damasco. La nuova vita comincia con il tuo nome.
Il morto uscì
Con queste parole
strane Giovanni indica la resurrezione di Lazzaro. Fa fatica a crederci anche
lui, nonostante sia testimone oculare del miracolo, e lo chiama ancora “morto”.
Ma ci rivela che la resurrezione è uscita. Lo vedremo quando il Signore esce
dalla tomba. Mentre scrivo queste righe, c’è un’Italia – anzi un mondo intero –
che aspetta di “uscire” dalla quarantena imposta per il Corona Virus. Quanto è
vero che l’uscita è la nascita a vita nuova. Quando papa Francesco parla della
“Chiesa in uscita”, non sta promuovendo turismo religioso, ma sta chiamando ad
un atto tanto radicale quanto sofferto come il triduo pasquale.
A rileggere
questo versetto brevissimo sulla resurrezione e uscita di Lazzaro, si impone
alla mente la parabola dei due gemelli. Molti l’hanno attribuita a diversi
autori, ma credo la versione più verosimile sia quella di Newman che la attribuisce
ai padri del deserto.
Nel ventre di
una madre c’erano due bambini. Uno chiese all’altro: “ci credi in una vita dopo
il parto?” L’altro rispose: “e’ chiaro. Deve esserci qualcosa dopo il parto.
Forse noi siamo qui per prepararci per quello che verrà più tardi”.
“Sciocchezze”,
disse il primo. “non c’è vita dopo il parto. Che tipo di vita sarebbe quella?”
Il secondo disse: “io non lo so, ma ci sarà più luce di qui. Forse noi potremo
camminare con le nostre gambe e mangiare con le nostre bocche. Forse avremo
altri sensi che non possiamo capire ora”.
Il primo
replicò: “questo è un assurdo. Camminare è impossibile. E mangiare con la
bocca!? Ridicolo! Il cordone ombelicale ci fornisce nutrizione e tutto quello
di cui abbiamo bisogno. Il cordone ombelicale è molto breve. La vita dopo il
parto è fuori questione”.
Il secondo
insistette: “beh, io credo che ci sia qualcosa e forse diverso da quello che è
qui. Forse la gente non avrà più bisogno di questo tubo fisico”. Ma Il primo
contestava: “sciocchezze, e inoltre, se c’è davvero vita dopo il parto, allora,
perché nessuno è mai tornato da lì? Il parto è la fine della vita e nel
post-parto non c’è nient’altro che oscurità, silenzio e oblio. Il parto non ci
porterà da nessuna parte”.
“Beh, io non
so”, disse il secondo, “ma sicuramente troveremo la mamma e lei si prenderà
cura di noi”. Il primo replicò: “Mamma, tu credi davvero a mamma? Questo è
ridicolo. Se la mamma c’è, allora, dov’è ora?” Il secondo disse: “Lei è intorno
a noi. Siamo circondati da lei. Noi siamo in lei. È per lei che viviamo. Senza
di lei questo mondo non ci sarebbe e non potrebbe esistere”. Il primo concluse:
“beh, io non posso vederla, quindi, è logico che lei non esista”. Anche il
secondo concluse: “a volte, quando stiamo in silenzio, se mi concentro ad
ascoltare veramente, sento la sua voce da lassù”.
Buona Pasqua, che
sia una uscita, non solo dalle nostre case di mattone, ma dal buio della nostra
vita a misura nostra.